Gli orti urbani nel contesto milanese hanno alle spalle una lunga storia che risale alle politiche di autarchia del ventennio fascista (dove si arrivò a coltivare il grano in piazza del Duomo) e poi, per necessità, durante il secondo conflitto mondiale per soddisfare il fabbisogno alimentare dei ceti meno abbienti. Con l’avvento del “boom economico” degli anni ‘50 e ‘60 caratterizzato dalla industrializzazione, la pratica dell’orticoltura venne tenuta viva dalle masse contadine del meridione d’Italia emigrate al Nord per diventare forza operaia nelle fabbriche, per poi essere riscoperta sotto nuova forma a partire dagli anni ’80 come elemento di riqualificazione urbanistica delle periferie. Nel nuovo millennio, anche grazie ad Expo 2015 che ha posto molta attenzione alla sostenibilità legata al cibo, l’orticoltura urbana ha cambiato di nuovo pelle, diventando sempre più attrattiva per i giovani, le famiglie, le persone impegnate a vivere secondo stili di vita più sostenibili.
Negli ultimi trent’anni, quindi, gli orti urbani ampliano notevolmente la loro funzione sociale parallela a quella produttiva vera e propria.
Gli orti al Parco Nord Milano, istituiti negli anni ’80, rappresentano un ottimo esempio di rigenerazione territoriale, integrazione sociale intergenerazionale e sostenibilità ambientale. Un progetto che ha riscosso fin da subito grande interesse ed ancora oggi vede moltissime persone, giovani e anziani, volenterose e pazienti nella coltivazione di una particella ortiva affidata alle loro cure.
Un apposito Regolamento degli Orti disciplina le modalità di richiesta, di assegnazione e di conduzione dell’orto.
La vita degli orti
Gli orti del Parco Nord Milano fanno parte della quotidianità di circa 800 persone: i nostri preziosi “ortisti”. Ognuno di essi contribuisce al mantenimento minuzioso di alcune parti del Parco, generalmente ai differenti ingressi. Questo è reso possibile grazie alla loro cura, presenza, costanza e soprattutto passione, ingredienti imprenscindibili per occuparsi dell’antica pratica dell’orticoltura.
I primi orti regolamentati dal Parco entrano in funzione alla fine degli anni ’80, e originariamente avevano anche la funzione di presiedere il territorio, rivitalizzandolo. Posizionati in zone a margine del Parco e a contatto con le abitazioni e i quartieri la loro frequentazione positiva da parte degli ortisti preveniva situazioni di degrado sociale e ambientale tipiche delle estreme periferie. Gli ortisti del Parco cioè, con il loro impegno, hanno creato angoli di bellezza e piccole oasi di biodiversità grazie ai loro ortaggi e alle aiuole fiorite, evitando la presenza di altre attività illecite.
“Le numerose specie di fiori e piante esaltano l’impegno degli ortisti che si prendono cura giornalmente delle aiuole esterne a beneficio dei visitatori che giornalmente si dilettano a fotografare lo scenario della natura con i suoi innumerevoli e variegati insetti che impollinano continuamente.” (F.B, ortista del nucleo di Leopardi)
Dal punto di vista urbanistico gli orti del parco hanno contribuito a rendere più vivibile l’urban sprawl, ovvero la cementificazione senza soluzione di continuità in un’unica dispersione edilizia. Il Parco, infatti, come tutti i parchi regionali difendono il territorio dalla aggressione edilizia contenendone l’espansione, e restituendo al verde e alla natura un proprio valore ecosistemico.
L’altra cruciale funzione che assumono gli orti è quella sociale. Si tratta di appezzamenti uno vicino all’altro il cui scopo non è la mera coltivazione, bensì sviluppare relazioni tra i vari componenti dei nuclei ortivi in una piccola comunità con interessi comuni e con dinamiche di autoaiuto, dove il più esperto (spesso il più anziano) insegna al meno esperto.
“L’orto è vita sociale e grazie a una positiva collaborazione di tutti ci si sente in famiglia. L’orto allunga la vita!” (C.T., ortista di Bassini).